[rev_slider_vc alias=”corsionline”]

Benvenuto alla quarta parte del nostro programma di 21 giorni
OSHO: Meditazione per persone indaffarate
Strategie per alleviare lo stress di chi non ha tempo per meditare.

INTRODUZIONE
Che cosa comprendi della parola silenzio? Cosa pensi significhi silenzio in meditazione? Se sei una persona indaffarata, la tua idea di silenzio potrebbe implicare allontanarsi dalla pressione e dal rumore della vita di tutti i giorni, per trovare un momento in cui raccogliere i tuoi pensieri e pensare alle cose con calma, prima di coinvolgerti di nuovo nella tua routine giornaliera.
Quello non è il silenzio dello Zen, della meditazione.

Il programma di oggi tratta il modo per cogliere il trucco per diventare davvero calmi, immobili e silenziosi.
Riuscire a “spegnere la mente” e vedere la vita con vera consapevolezza è un’abilità essenziale per una persona indaffarata.

Nel discorso di oggi, Osho tratta del significato della parola Zen, e di cosa si intende con silenzio in meditazione.

OSHO TALK – Le parole di Osho
La meditazione non può essere un semplice elemento della tua vita. Non puoi rendere meditativo un frammento della tua vita; non puoi essere meditativo per un’ora e poi non meditativo per ventitré ore. È del tutto impossibile; se lo fai, vuol dire che la tua meditazione è falsa.

La meditazione può essere un coinvolgimento nelle ventiquattro ore, oppure non esistere affatto. Assomiglia alla respirazione: non puoi respirare un’ora e poi metterla da parte per ventitré ore; altrimenti moriresti. Devi continuare a respirare. Perfino mentre dormi, devi continuare a respirare; perfino in un coma profondo, devi continuare a respirare.

La meditazione è il respiro della tua anima. Proprio come la respirazione è la vita del corpo, la meditazione è la vita dell’anima.
Le persone che non sono consapevoli della meditazione sono spiritualmente morte.
La meditazione rende l’anima una realtà; la meditazione è l’ambiente in cui l’anima accade.
Lo Zen è un altro nome per la meditazione. La parola Zen deriva dalla radice sanscrita dhyana – ha viaggiato tantissimo! Dhyana indica uno stato di assoluto silenzio, un silenzio senza pensieri, ma colmo di consapevolezza. Perfino il pensiero: «Io sono consapevole» è sufficiente per distrarti dalla tua meditazione. Perfino sapere che «Io sono in meditazione» è sufficiente per distruggerla.

Uno stato di meditazione è una condizione di innocenza e silenzio. Tu sei beatamente inconsapevole della tua consapevolezza. Tu sei, ma sei assolutamente rilassato. Non sei in uno stato di sonno; sei pienamente allerta, più presente che mai. Addirittura, sei assoluta attenzione!
Dhyana è il più grande contributo dell’Oriente all’evoluzione dell’umanità.

Il Buddha stesso non ha mai usato il sanscrito. Usava un linguaggio utilizzato dalle masse dell’epoca, usava il pali. In pali, dhyana diventa jhan. Quando il messaggio del Buddha raggiunse la Cina, jhan divenne chan. E quando viaggiò dalla Cina al Giappone, divenne Zen. Ma l’origine è dhyana.
Dhyana significa meditazione, ma in inglese la parola “meditazione” non ha lo stesso sapore; ha una lunga associazione con “contemplazione”. Il termine “meditazione” significa “meditare su qualcosa”, esiste un oggetto di meditazione.

E nello Zen non esiste affatto un oggetto, è soltanto pura soggettività. Tu sei consapevole, ma non consapevole di qualcosa. Non c’è nulla di cui essere consapevoli, ogni cosa è scomparsa; non sei neppure consapevole del nulla, perché in quel caso il nulla diventa il tuo oggetto, in quel caso il nulla diventa il tuo pensiero. Non sei neppure consapevole del vuoto. Sei semplicemente consapevole; non c’è nessun oggetto connesso con la tua consapevolezza. Lo specchio è vuoto, non riflette alcunché, perché non c’è nulla da riflettere.

Devi ricordarlo, altrimenti “meditazione” può darti un’impressione sbagliata. Ogni volta che viene usata la parola meditazione, immediatamente sorge la domanda: «Su cosa?»
Quella domanda è irrilevante. Se chiedi: «Su cosa?» stai chiedendo: «A che cosa pensare, su cosa contemplare, su cosa concentrarsi» e nulla di tutto ciò è meditazione.

La concentrazione non è meditazione, la concentrazione è uno sforzo della mente per focalizzarsi. Ha un suo scopo particolare: quello è un metodo della scienza – utile, ma non è meditazione.
Si deve conseguire lo stato assoluto di consapevolezza: quello è Zen. Non lo puoi fare ogni mattina per qualche minuto, o per mezz’ora, e poi dimenticartene completamente. Deve diventare come il battito del tuo cuore. Devi sederti in meditazione, devi camminare in meditazione… Certo, devi perfino dormire in meditazione!

È qualcosa di estremamente significativo per tutti voi. La meditazione deve diventare qualcosa di così profondo dentro di te che, ovunque vai, permane, dimora dentro di te; qualsiasi cosa fai è sempre presente.
Solo in quel caso la tua vita può essere trasformata. A quel punto, non solo sarai meditativo nella tua vita, rimarrai meditativo anche nella tua morte. Morirai in meditazione profonda.

Tratto da: Walking in Zen, Sitting in Zen – Capitolo 1
Disponibile in italiano: All’origine – La fonte dell’essere

ISTRUZIONI per la MEDITAZIONE
La meditazione di oggi è una tecnica per trovare il silenzio. Osho dice che questa meditazione ti darà una profonda intuizione rispetto al tuo essere.
Se lo puoi fare in questo preciso momento, siediti sul pavimento o inginocchiati, così da sperimentare la sensazione di questa meditazione mentre ti leggerò le istruzioni su come funziona.

Non esiste un tempo di durata preciso; e la puoi praticare a letto, sul pavimento oppure su un divano, come meglio preferisci; ed è consigliabile avere una coperta o uno scialle vicino a sé. Per ora, puoi farla semplicemente nel modo in cui ti trovi e dove ti trovi in questo momento.

COLLASSA NEL SILENZIO
Lascia che il silenzio diventi la tua meditazione.
Ogni volta che ne hai il tempo, collassa semplicemente nel silenzio – sì, intendo proprio questo: collassa… come fossi un bimbo nel ventre della mamma.
Siediti o inginocchiati a terra… e piano piano avverti la sensazione di voler posare a terra la tua testa; poi appoggiala terra e assumi una postura fetale, proprio come il bambino è raggomitolato nel ventre materno.

Sì, adesso, prenditi il tempo per farlo…

E immediatamente avvertirai che sta sopraggiungendo il silenzio, lo stesso silenzio che esisteva nel ventre materno.
Lo puoi fare anche stando seduto sul letto, poi vai sotto una coperta, rannicchiati e rimani lì, assolutamente immobile, senza fare nulla.
Potrebbero sopraggiungere dei pensieri – lascia che passino, sii indifferente, non badarci minimamente. Se vengono, bene; se non vengono, bene. Non lottare, non scacciarli. Se lotti, ne sarai disturbato. Se li scacci, diventeranno insistenti; se non li vuoi, si ostineranno a non volersene andare.

Resta semplicemente indifferente; lascia che siano presenti alla periferia, così come c’è il rumore del traffico.
E di fatto è un rumore di traffico – il traffico cerebrale di milioni di cellule che comunicano tra di loro, l’energia che si muove e l’elettricità che salta da un neurone all’altro. Non è altro che il ronzio di una macchina enorme, dunque lascia che sia presente. Diventa del tutto indifferente a quel brusio; non è cosa che ti riguarda, non è un tuo problema – forse è il problema di qualcun altro, ma non il tuo. Cos’hai a che vedere tu, con tutto ciò?

E sarai sorpreso: arriveranno momenti in cui il rumore scomparirà, svanirà completamente, e tu verrai lasciato solo soletto. In quell’assoluta solitudine troverai il silenzio.
Una postura uterina – come se fossi nel ventre materno e non ci fosse molto spazio, per cui rannicchiati; ed è freddo, per cui copriti con una coperta. Diventerà un ventre perfetto, caldo e buio, e ti sentirai molto, molto piccolo.

*

Adesso lascia che questa esperienza continui per qualche istante fino a quando sentirai il suono dei cimbali che segnala la fine della meditazione di oggi.