Il limpido cerchio della felicità
«Nanak afferma che molte persone, pur continuando a soffrire a causa dei loro appetiti insaziabili, “non si decidono a rimembrare”. Siamo afflitti dal desiderio, eppure non ci rendiamo conto che soffriamo proprio a causa della nostra avidità. Le nostre angosce sono frutto di ciò che desideriamo e proprio da lì prende forma l’inferno in cui viviamo, eppure non colleghiamo mai le due cose. Imploriamo costantemente di ottenere la felicità, senza accorgerci che è il desiderio stesso a condurci alla sofferenza!
È come se un uomo stesse camminando voltando le spalle al sole e si domandasse come mai non riesce a scorgerlo. Potresti vederlo in questo preciso istante, ma la tua mente schiava del desiderio è focalizzata sulla sofferenza, così dipingi le tue preghiere con i colori di ciò che desideri. Quando il devoto prega, offre in sacrificio tutti i suoi desideri perché vengano inceneriti, mentre tu metti la tua preghiera al servizio delle tue brame!
Nanak ci ricorda che molte persone soffrono e continuano ad affliggersi, senza tuttavia riuscire a risvegliarsi. Per quante vite ti sei trascinato appresso il peso della sfortuna?» Osho
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Il limpido cerchio della felicità
L’incontro di due mistici – Osho e Guru Nanak – che hanno fatto della rivoluzione permanente dell’essere il loro stile di vita, prosegue e si completa in questo volume.
Formato: 13 x 20 – rilegato in brossura con alette
Pagine 432 – Prezzo 16,90 euro
«Posso tenere in mano qualsiasi oggetto di questo mondo, tranne me stesso: come potrei stringere in pugno la mia stessa persona? I miei occhi sono in grado di vedere tutto ciò che si estende sotto il sole, ma non possono guardare me stesso! Non riescono a vedere la mia figura nella sua interezza per la semplice ragione che sono parte di me, e la parte non può mai conoscere la totalità dell’esistenza: al massimo potrà coglierne qualche scorcio, ma non vedrà mai il quadro completo.
La difficoltà risiede nel fatto che facciamo parte di questa immensità infinita. Se non fossimo parte del divino, lo avremmo conosciuto; se fossimo stati distinti e separati da lui, avremmo potuto girargli intorno e indagare la sua natura. Ma siamo parte di lui, siamo il suo cuore pulsante, il suo respiro! Come possiamo osservarlo dall’esterno? Come potremmo mai afferrarlo? L’uomo è un semplice granello di sabbia di questo deserto senza fine, una goccia nell’oceano – come può questa singola goccia contenere quella totalità sconfinata? Come può conoscere l’insieme di quell’infinita distesa d’acqua?
Questo aspetto è molto interessante: la goccia si trova nell’oceano e al tempo stesso è l’oceano. A un livello molto profondo, dunque, la goccia conosce l’oceano, perché non è diverso da lei. Eppure, da un altro punto di vista, non può conoscerlo proprio perché l’oceano non è qualcosa di distinto dalla sua essenza. Il più grande paradosso della religione è precisamente questo: conosciamo dio e tuttavia non lo conosciamo affatto.» Dal Capitolo 1
Osho riprende le riflessioni di Guru Nanak, uno dei mistici più intensi e rivoluzionari dell’India (fondatore del Sikh-panth intorno all’anno 1500), proseguendo il discorso iniziato con Al di là della paura, oltre il rancore (DeA Planeta Libri). Nanak evidenzia alcuni dei fattori primari che, consciamente o inconsciamente, ci spingono a vivere rannicchiati in un piccolo senso dell’io che poco considera e rispetta l’insieme del nostro esistere: invidia, rancore, egoismo, timore di perdere quanto si possiede. In quest’ottica, l’opera è di sublime attualità… E Osho la utilizza abilmente per tessere di fronte al lettore una visione liquida che apre a ciò che è l’esistenza, nel momento in cui la si comprende come “vivente”: una vibrazione inebriante, colta dai mistici come beatitudine, estasi, pienezza, armonia. Insomma, quasi un destino differente – di certo un mondo diverso – nascosto dietro allo specchio deformante odierno che porta a vedere la realtà e noi stessi come un perenne conflitto, una lotta per sopravvivere, una battaglia apparentemente persa in partenza.
«Oggigiorno si parla tantissimo di “perdita dei valori” e, per semplice legge di contrappasso, si discute anche di “ricerca di valori condivisi” o “condivisibili”. Un dilemma che pare accompagnare l’umanità da sempre, in realtà, ragion per cui, oggi come già in passato, diventa essenziale ricordare – o meglio, risvegliare – i valori dell’anima. Qualcosa che dimora in noi in forma di seme, pronto a germogliare allorché le traversie della vita – e in alcuni casi anche le gioie più squisite – portano a volgere lo sguardo all’altra dimensione che ci appartiene, ma che purtroppo difficilmente abitiamo: il regno dell’essere.
Nanak è uno di quegli individui che ha esistenzialmente ritrovato questo spazio interiore, condividendo poi una spiritualità laica, animata da un’eco universale che Osho riprende, liberando quel messaggio dalle specifiche idee e appartenenze culturali e religiose che l’avevano forse troppo caratterizzato.
Per immergersi in questo libro e nel messaggio di Nanak non è dunque necessario perdersi nello studio delle origini o degli sviluppi di ciò che è divenuto il Sikh-panth, ovvero “la via dei discepoli” cui Nanak diede le basi. E neppure è necessario conoscere l’ambiente geografico, storico e culturale in cui tale movimento prese forma e poi si strutturò. Addirittura non serve ampliare la lettura ai testi sacri Sikh, o conoscere i punti fondamentali di quella dottrina.
Con Osho è possibile partecipare a un particolare ritorno alle origini e riavvicinare l’esperienza personale di Nanak che giunse a dissolversi in quello “splendore di mille soli” di cui poi si mise a cantare le lodi, le qualità e l’essenza. Al tempo stesso, fondò una comunità di “compagni di viaggio”, organizzandola in base ai valori universali dell’anima che tale splendore gli andava via via rivelando.
La sua sincerità, la semplicità della sua visione, ma soprattutto la laicità aconfessionale che accompagnava quella spiritualità attrassero un numero incredibile di persone di provenienza, origine, casta e religione differenti, che si riunirono e rigenerarono la loro vita in funzione di un nuovo spirito: tornare a immergersi in quel divino che è l’esistenza e da lì agire, operare, prodigarsi. E per quanti vissero l’alba di quel nuovo giorno si trattò di una unione totale e perfetta, qualcosa di ancor oggi possibile allorché ci si immerge con totalità e pienezza in se stessi, così da dissolvere tutte le esperienze “relative” ed “egoiche” proprie del mondo dominato dalla dualità e dai conflitti che inevitabilmente ne conseguono.
E non è un caso – né va dimenticato – che gli Inni di Nanak non erano primariamente letti né detti: si trattava di Canti con i quali il Maestro condivideva una visione che la musica del suo compagno Mardana aiutava a veicolare, sollecitando una comunione dei cuori in grado di rendere tangibile l’Unione da lui sperimentata e aprire alla visione di quell’essenza che, si è detto, dimora in ciascuno di noi da sempre, in forma di seme.
A questa tradizione orale Osho si collega, recuperando l’essenza di quel messaggio e decodificandolo perché possa essere recepito e compreso dall’uomo contemporaneo al di fuori di confini sociali, culturali e religiosi di qualsiasi tipo. Limiti che la “spiritualità perenne” non conosce.
Si può dunque dire che questo libro – come già il precedente: Al di là della paura, oltre il rancore – apre alla “via dei discepoli” più che all’appartenenza o allo studio della tradizione Sikh. Osho infatti è soltanto un novello entronauta, dissoltosi in quell’essenza cui viene, spesso maldestramente, dato il nome di dio, meglio denominato da Nanak come anam, “il senza nome”. E per noi Osho ha rivestito il ruolo di Maestro, per vivificare quel messaggio e ricordare che non è nella forma, nel rituale, nelle abitudini devozionali che la ricerca del Vero si concretizza; ma soprattutto per sollecitare un risveglio reale e quindi la necessità di una consapevole cura di se stessi.» Dalla prefazione – continua nel libro…
Del libro hanno detto:
«Guru Nanak (1469-1539) è uno dei più grandi innovatori religiosi di tutti i tempi e il fondatore della religione Sikh. Le idee religiose di Nanak si connettono sia alla visione hindu sia a quella islamica, ma sono qualcosa di ben più ampio che non una semplice sintesi. Nanak è un pensatore spirituale davvero originale ed esprime i propri pensieri in una forma poetica straordinaria. Le sue parole formano la base della scrittura dei Sikh.»
BBC
“Sono davvero molto compiaciuto che Osho, un grande visionario indiano e un essere che ha conseguito la suprema vittoria nella vita grazie alla sua potente visione, ci ha donato questo commentario all’Ek Omkar Satnam e al Japuji Saheb. Il commento di Osho è considerato il migliore di tutti quelli esistenti, anche all’interno della comunità dei Sikh”.
Gyani Zail Singh, ex presidente dell’India
Altre opere di Osho in De Agostini
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