Il mondo è in fiamme
«Mai in passato l’uomo ha vissuto in una simile angoscia; mai in passato l’uomo è stato in una disperazione così abissale; non si è mai sentito così insignificante, mai e poi mai, prima d’ora. Adesso ha bisogno di persone la cui presenza possa farlo sentire di nuovo a suo agio, rilassato, in pace; la cui presenza può ridargli la speranza che è possibile quel significato esistenziale, che la vita può essere vissuta in modo totalmente nuovo, che esistono nuovi stili di vita, nuove attitudini esistenziali, che non è affatto necessario vivere con quel vuoto esistenziale. È possibile avere un nuovo tipo di pienezza che non deriva dal denaro, dal potere, dal prestigio, ma che è unicamente frutto di una consapevolezza meditativa, di una consapevolezza amorevole.» Osho
Dal capitolo 8
Il mondo è in fiamme
Commenti al Dhammapada, il sentiero di Gautama il Buddha
Collana: Oriente
Formato: 12,8 x 20
Pagine 304 – Prezzo 11,00 euro
«Il Buddha dice: Il mondo è in fiamme…
Ciò che Soren Kierkegaard intende con angoscia, ansia, disperazione, infelicità è ciò che il Buddha vuol significare con quelle fiamme: è un simbolo. Tutti sono in fiamme, perché tutti sono divisi, dissociati, schizofrenici. Tutti sono in fiamme perché nel mondo esiste un’ansia profonda; ansia data dal dubbio: “Questa volta ce la farò, oppure no?” In ogni cuore esiste un’angoscia spaventosa, data dal non conoscere se stessi, l’angoscia data dal non sapere da dove veniamo e dove stiamo andando, né chi siamo e in cosa consiste questa vita. Qual è il significato della vita? Questa è la nostra angoscia e la nostra agonia.
La vita sembra così futile, così assolutamente priva di significato, una ripetizione meccanica: ogni giorno continui a fare le stesse cose ancora e di nuovo, a che scopo? L’angoscia è data dal fatto che l’uomo si sente solo un frutto del caso, qualcosa del tutto privo di significato. E un uomo non può vivere senza sperimentare un qualche significato, senza sentire di contribuire al mondo con qualcosa di valido, senza sentire che l’esistenza ha bisogno di lui, che non è un fenomeno del tutto insignificante, che non è accidentale, che la vita richiede la sua presenza, che sta adempiendo qualcosa di incredibilmente significativo. Se non si arriva a sentire tutto questo, si resta in fiamme.
In realtà, la gente diventa consapevole di essere stata viva, mentre sta morendo; avendo la morte come contrasto, si accorge di aver mancato un’opportunità. Questa è la sofferenza che si prova, morendo. Morendo, si prova un dolore infinito, quel dolore non ha nulla a che vedere con la morte; è un segnale: “Ero vivo e adesso è tutto finito, e io non sono riuscito a fare nulla di significativo. Non sono stato creativo, non ero consapevole, ho vissuto in modo meccanico, come un sonnambulo: ho camminato nel sonno!”.
La mente mediocre continua a vivere senza preoccuparsi. Sembra più felice della persona intelligente: ride, frequenta il club, va al cinema, ha mille e una occupazione, ed è estremamente impegnato senza aver mai qualcosa di concreto da fare. Più sei intelligente, più sei sensibile, più senti che questa vita – il modo in cui la vivi – non è la vita reale: qualcosa non va.
La persona priva di intelligenza vive alla deriva: si interessa così tanto ai panorami e alle prospettive contingenti da dimenticare totalmente l’Assoluto, scorda la meta e il viaggio; si coinvolge troppo in ciò che vede intorno a sé, è curiosa, ma la sua curiosità è per il superfluo. Non indaga mai, perché qualsiasi ricerca richiede coraggio, interrogarsi è rischioso. La ricerca implica confrontarsi con problemi immensi; ti imbatterai in problemi assoluti, e nessuno può dire se riuscirai a risolverli o no; per questo si resta solo dei curiosi. La persona curiosa è stupida; la curiosità la tiene impegnata, la tiene occupata, ragion per cui non diventa mai consapevole dei problemi reali.»
Dal capitolo 1 – continua nel libro…
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