Il potere della fragilità
«La vita non è un letto di rose. È difficile, complessa. Molto di rado si è vivi nel vero senso della parola: nascere è una cosa, vivere un’altra. “Nascere” riguarda la biologia, “vivere” rientra in una dimensione totalmente diversa: quella della spiritualità.
A meno che un uomo non sia spirituale, non è ancora vivo. Ma passare dalla dimensione biologica a quella spirituale è arduo, molto difficile. Si tratta della sfida più grande che esista; è un salto quantico immenso: dal corpo all’anima, dal materiale all’immateriale, dal visibile all’invisibile, dal tempo all’assenza di tempo, dall’esteriorità all’interiorità. È davvero arduo.
La maturità accade solo raccogliendo una sfida, cominciando a vivere pericolosamente. Queste venti cose rappresentano un’indicazione su come si dovrebbe vivere.
Esiste un solo modo di vivere: pericolosamente e coraggiosamente. Diventi un essere umano nel vero senso della parola solo quando raccogli la sfida del Buddha.»
Osho nel primo capitolo
Il potere della fragilità
Il messaggio del Buddha nella sua semplicità – Volume 2
Collana: I Libri di Osho
Formato: 13 x 20 – rilegato in brossura
Pagine 384 – Prezzo 15,00 euro
Osho scelse come testo primario alla visione del Buddha un’antologia – nota come “Il sutra in 42 capitoli” – redatta da alcuni maestri buddhisti per un imperatore Ming nel Primo secolo D. C., da lui invitati in Cina per stendere una breve raccolta di detti del Buddha che dovevano essere una prima introduzione alla popolazione cinese.
L’opera si caratterizza e si differenzia per la sua praticità e mette in evidenza un aspetto del Buddha oggi sempre più attuale e in assoluta risonanza con lo spirito del tempo. È infatti fortemente richiesto – come da più parti si insiste a sottolineare – un risveglio a se stessi e alla propria idea del mondo, ma soprattutto l’aprirsi a una comprensione del perché siamo al mondo, essenziale per non ripetere più routine e meccanismi atavici – profondamente radicati nell’avidità che l’istinto a sopravvivere scatena – realtà che fanno del nostro essere al mondo una lunga marcia della follia verso un’inutile e inesorabile fine.
E poiché ormai si parla dell’approssimarsi di un punto di non ritorno per l’esistenza del pianeta stesso, forse è bene iniziare a cercare altri modi di vivere e stili di vita diversi che aprano una diversa percezione e comprensione di sé, degli altri, della vita.
Tutto questo richiede una cura di sé e la coltivazione di uno stile di vita che includa ogni aspetto dell’esperienza umana. È questo che il libro sollecita ma con leggerezza, giocando con aneddoti, storielle, barzellette che rendono evidente come l’inconsapevolezza non paghi e non soddisfi più di tanto. Anzi, diventa davvero ovvio che, per quanto arduo, è più divertente e soddisfacente imparare a scrutare dentro di sé con onesta, perché proprio nella comprensione di sé è il punto di svolta, l’inizio di una vita nuova, degna di essere vissuta.
Grazie a questo spirito non serio, viene facile avvicinarsi a ciò che – già nel primo capitolo – il Buddha presenta come “Le venti cose difficili da realizzare od ottenere in questo mondo” (tra cui È difficile controllare le passioni e sopprimere i desideri egoisti – È difficile non bramare ciò che è piacevole – È difficile sottomettere l’orgoglio egoista – È difficile non esprimere giudizi sugli altri). E poi viene spontaneo confrontarsi con la cosa forse più difficile, se non impossibile, per un essere umano; ovvero, liberarsi dall’idea che sia sufficiente rispettare dei comandamenti, oppure sottomettersi a una dottrina, per vivere una vita spiritualmente o eticamente buona.
Come un lampo si è colti dall’intuizione che il vero cambiamento e la vera responsabilità si hanno quando ci si lascia alle spalle ogni insegnamento, quando ci si libera da qualsiasi professione di fede.
Il libro propone dunque passi e passaggi precisi che occorre attuare, quasi fosse un corso d’azione e una cura. E Osho sottolinea con frequenza come questo “viaggio esistenziale” non solo sia accessibile a tutti, ma è fondamentale per tutti se davvero si aspira a essere umani.
Una qualità che non si acquisisce solo perché si nasce uomini, per esserlo occorre vivere come tali! E la vita è una scuola dove a ogni istante ci si trova di fronte a lezioni e a sfide che non risparmiano nessuno; ed è proprio in ciò che ci accade che diventa possibile prendere consapevolezza di sé, vedendo con lucidità – inesorabilmente, oserei dire – ciò che si è e dove si è.
Per facilitare questa comprensione, a capitoli alternati, Osho risponde a domande di amici e ricercatori che lo interrogano e si interrogano sui tanti scogli e quesiti che la quotidianità – ma anche il procedere passo dopo passo nella comprensione di sé – sollecita. Arricchendo così lo spaziare dalle vette delle parole del Buddha con il lento cammino di quanti si muovono nelle oscure valli dell’inconsapevolezza.
L’invito è dunque semplice: occorre attivare e attivarsi all’interno della propria dimensione interiore, là dove dimorano talenti e qualità essenziali assopite. E nel testo vengono suggeriti diversi metodi per porsi di fronte alla vita in modo nuovo, maturo, attenti e presenti per non lasciarsi sopraffare dal flusso di reazioni, impulsi, abitudini, condizionamenti, stereotipi, pregiudizi e soprattutto inerzie ataviche che frenano la nostra energia vitale, immiserendo tragicamente la nostra esistenza.
In questo senso, Il Buddha a suo tempo e Osho nel mondo contemporaneo si stagliano per una qualità che li rende categorie a sé stanti nel mondo della realizzazione e della spiritualità.
Essi infatti invitano a un risveglio, a una presa di coscienza della propria dignità così da arrivare ad attualizzare ciò che è racchiuso in potenza dentro di noi. Una responsabilità cui tutti siamo chiamati, spesso nostro malgrado, e questo perché l’esistenza comunque aspira a “qualcosa” tramite noi che quasi ci obbliga a indagare, a ricercare… a procedere alla ricerca di un appagamento che finalmente ci faccia sentire a casa.
E nell’ultimo capitolo – nel quale Osho condivide la sua esperienza di risveglio, dettagliando ciò che accadde in quel “fatidico 21 marzo 1953” – diventa chiaro cosa sia e significhi essere a casa nell’esistenza.
Ciò che si dipana in queste pagine è dunque un processo di maturazione, ma anche di intimità con se stessi, che non termina con la lettura del libro, ma anzi prosegue fino a coincidere con la nostra stessa vita, ora che viene vista con occhi davvero diversi, più limpidi e liberi dalla polvere che cultura, tradizioni e sonno della coscienza inevitabilmente creano.
Questo viaggio, questa sollecitazione ad agire e ad assumersi la propria responsabilità di essere al mondo e di fare, non fa leva sul comune istinto a imporsi e a dominare, anzi fa ricorso a un potere che si fonda su una naturale integrità, da cui scaturisce un’autorevolezza autoilluminante.
È il potere della fragilità, la cui forza non si misura in termini di imposizioni ma di benevolenza: “La mia non è la forza di una roccia, ma di una rosa… Fragile, tenue, sensibile e delicata.
La roccia resiste, mentre la rosa può scomparire in ogni momento; eppure, il fiore è più forte della roccia, perché è più vivo. Oppure, è la forza di una goccia di rugiada su una foglia d’erba, che risplende al sole del mattino: così bella e preziosa, ma capace di scomparire a ogni istante. Così incomparabile nella sua grazia, ma una lieve brezza può fare scivolare via la goccia di rugiada, dissolvendola per sempre.
I Buddha possiedono una forza che non è di questo mondo. La loro è la forza dell’amore, simile a una rosa o a una goccia di rugiada. È una forza fragilissima e vulnerabile: quella della vita, non della morte. Il loro non è il potere che uccide, ma quello che crea; non è il potere della violenza o dell’aggressività, ma quello della compassione.”
Osho nel Capitolo undici
Della stessa serie, Bompiani ha pubblicato il primo volume con il titolo:
La disciplina della trascendenza
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